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Lo Yoga Sutra è una scrittura di 196 sutra (scritta) dal saggio Patanjali. La parola sutra significa “filo” e implica che le parole scritte siano collegate a un unico pensiero sottostante. Le varie idee si connettono, come le perline su una mala, per formare un sistema filosofico.

La Scrittura è considerata il testo scritto sullo yoga più preciso e scientifico, ed è un capolavoro di brevità e chiarezza.
Non conosciamo con certezza l’epoca di Patanjali, ma una data ampiamente accettata è di circa 400 anni prima di Cristo.
La Scrittura è divisa in quattro capitoli:

1. Samadhi Pada
2. Sadhana Pada
3. Vibhooti Pada
4. Kaivalya Pada

Nonostante il saggio Patanjali non abbia assegnato alcun titolo specifico al suo metodo yoga; questo è oggi universalmente conosciuto come lo Yoga di Patanjali.
Patanjali offre un’ampia varietà di tecniche che armonizzano la mente e inducono un livello di comprensione sempre più profondo. Il percorso principale di Patanjali è contenuto in otto fasi fondamentali, discusse nel Sadhana Pada.

Le prime cinque fasi sono:
1) Yama (norme di comportamento etiche e morali)
2) Niyama (disciplie interiori)
3) Asana (pratiche delle posizioni yoga)
4) Pranayama (controllo dell’energia vitale)
5) Pratyahara (ritiro dei sensi dal mondo esteriore al sé interiore)

Questi primi cinque stadi sono le pratiche esterne o bahiranga, dello yoga e preparano progressivamente il corpo-mente alle ultime tre fasi:

6) Dharana (concentrazione della mente)
7) Dhyana (meditazione)
8) Samadhi (autorealizzazione e beatitudine suprema)

Gli ultimi tre stadi sono le pratiche interne o antaranga, dello yoga.
Le prime cinque fasi rimuovono gradualmente le distrazioni esterne, mentre le ultime tre sradicano i pensieri disturbanti e le manifestazioni psichiche, in modo che la mente smetta di funzionare. I primi cinque stadi negano la coscienza, mentre gli ultimi tre espandono la coscienza. Gli stadi più avanzati possono essere praticati con successo solo dopo la pratica dei precedenti stadi preparatori.

Più in dettaglio, i cinque yama sono: satya, verità; ahimsa, sentimento di non violenza verso tutte gli esserei viventi; asteya, onestà; brahmacharya, controllo sessuale o astinenza, e aparigraha, non possessività.
Anche i niyama sono cinque: shaucha, pulizia; santosha, contentezza; tapah, austerità; swadhyaya, studio personale, e Ishwara pranidhana, arrendersi alla volontà cosmica.

Gli yama sono pensati per armonizzare le proprie interazioni sociali e i niyama hanno lo scopo di armonizzare i propri sentimenti interiori. Tutte le regole, yama e niyama, sono progettate per ridurre l’attrito tra azioni e atteggiamenti esterni. Gli yama e i niyama mirano a rompere questo circolo vizioso e quindi a calmare la mente con azioni sensate e atteggiamenti sensati verso sé stessi, la propria vita e l’ambiente circostante.

Asana in questo sistema è una posizione seduta stabile e confortevole come padmasana e siddhasana.
Pranayama è concentrare tutte le forze praniche della struttura umana.

Queste tecniche portano al controllo e alla concentrazione.
Pratyahara significa “raccogliere dentro di sé“. Questa pratica si occupa di rivolgere l’attenzione e la consapevolezza verso l’interno, senza essere distratti dall’esperienza sensoriale esterna.

Dharana significa concentrazione della mente. È il passo prima della meditazione e si occupa di fissare la consapevolezza su un oggetto per escludere tutti gli altri.
Dyana è semplicemente un’estensione di dharana che alla fine porta all’eliminazione della dualità: futuro, passato e presente si fondono in un’unità e convergono nello stato di samadhi.
Samadhi è lo stato in cui c’è completa assenza delle fluttuazioni della mente e resta solo la consapevolezza.